Alluvione nelle Cinque Terre: tanta pioggia + alvei strada = disastro inevitabile

Data di pubblicazione: 
Sunday 06 November 2011
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di Franco Ortolani, professore ordinario di geologia all'Università di Napoli.

I centri abitati delle Cinque Terre, Monterosso, Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore, sono stati
riconosciuti dall'UNESCO, nel 1997, Patrimonio Mondiale dell'Umanità (582 siti in tutto il mondo).
La motivazione che ha riconosciuto le Cinque Terre un monumento dell’uomo e della natura è la seguente: "La regione costiera ligure nella zona delle Cinque Terre costituisce un patrimonio di alto valore paesaggistico e culturale. La disposizione e la conformazione dei piccoli paesi e dei terrazzamenti sulle colline che li circondano, costruiti sormontando le difficoltà di ripidi e scoscesi terreni, racchiude chiaramente in se la storia e la cultura degli insediamenti di questa regione nel corso di un millennio.

" Le Cinque Terre sono descritte come “un fondersi insieme di cultura, storia e fatiche immense spese nel corso dei secoli dai suoi abitanti per modellare un territorio ostile costruendo migliaia di chilometri di muretti a secco sulle colline impervie. Sono un luogo in cui natura e uomo in completa armonia hanno costruito un paesaggio unico, oggi patrimonio di tutti.

Migliaia di chilometri di muretti a secco coltivati a vite e ulivo; paesi di origine medioevale e beni culturali di grande pregio; scarsa espansione edilizia e pochi tracciati viari: sono le peculiarità delle Cinque Terre, che sono riuscite a mantenere nel tempo valori naturali e ambientali incomparabili e di straordinaria bellezza. E' stato proprio l'uomo, attraverso mille anni di lavoro, a creare questo paesaggio unico, fatto di terrazzamenti sui fianchi scoscesi dei monti, che a volte arrivano a picco a quasi toccare il mare. Oggi, le Cinque Terre sono un Parco Nazionale, nonché Area Marina Protetta.

E allora come mai si è verificato il disastro idrogeologico del 25 ottobre scorso che ha interessato rovinosamente un’area di circa 10 X 40 Km dalla costa tirrenica fino allo spartiacque appenninico? Si dice che la sicurezza ambientale delle Cinque Terre sia stata garantita nei decenni passati dall’isolamento, dalla conoscenza naturalistica del territorio e dal duro lavoro basato sul genio ingegneristico contadino. Fino a che non si fecero gli alveistrada!

Escluso l’abitato di Corniglia, ubicato su un promontorio, le altre cittadine costiere si sono sviluppate
nella parte terminale di strette valli torrentizie fin sulla spiaggia. Fino al secolo scorso, finchè ha prevalso il genio ingegneristico contadino, gli abitati erano separati dagli alvei dei torrenti sviluppandosi in destra e sinistra orografica. Poi…è arrivata la “modernità”, l’epoca delle comodità, dello sviluppo economico,
purtroppo non ecocompatibile! Ingegneri non contadini hanno pensato bene di coprire gli alvei torrentizi per ricavare, al di sopra, una comoda strada di penetrazione.

Spesso l’unica strada dell’abitato. Grazie a questi interventi pubblici realizzati da ingegneri non contadini e approvati da funzionari, sempre non contadini, sono state create le premesse per il disastro del 25 ottobre scorso. Certamente la pioggia caduta è stata tanta, troppa per poter essere assorbita dal terreno e smaltita dagli alvei coperti. I contadini sanno bene che quando si verificano eventi piovosi eccezionali si innescano fenomeni che, probabilmente, non erano stati valutati dai progettisti e da coloro che a suo tempo hanno approvato il ricoprimento degli alvei.

Si innescano fenomeni erosivi diffusi e conseguenti frane che coinvolgono enormi volumi di terreno e di substrato alterato sradicando anche gli alberi d’alto fusto che insieme con detriti vari e massi si trasformano in pochi minuti in colate detritiche e flussi fangoso-detritici velocissimi (da 30 a 60 km/h in relazione alla morfologia della valle e degli alvei strada) che percorrono gli alvei con portate di piena impressionanti che possono raggiungere alcune centinaia di metri cubi al secondo in bacini imbriferi di limitata estensione come quelli che caratterizzano le Cinque Terre. Immancabilmente i flussi veloci colmano la parte coperta dell’alveo, ostruendola in parte con tronchi e detriti, per cui le strade sovrastanti si trasformano improvvisamente in torrenti impetuosi che travolgo autovetture e tutto quello che si trova lungo la loro strada.

Fenomeni catastrofici simili si sono verificati recentemente a Casamicciola Terme il 10 novembre 2009, ad Atrani in Penisola Amalfitana il 9 settembre 2010, a mili San Pietro (Messina) l’1 marzo 2011 e,
probabilmente, anche a Pollena Trocchia il 21 ottobre c.a.. Già dallo scorso anno lanciammo l’allarme “Alvei Strada” evidenziando che essi sono stati realizzati in tutta la nostra nazione e che non si ha un loro censimento né si conosce quanti cittadini si trovino in situazioni di rischio reale.

E’ noto che la manutenzione dei corsi d’acqua si esegue raramente e quasi sempre dopo le catastrofi. Si ricorda che alcuni eventi alluvionali capaci di innescare delle colate detritiche di potenza non distruttiva e contenute negli alvei possono causare l’accumulo di ingenti volumi di detriti e tronchi di albero e il conseguente progressivo e/o rapido colmamento delle sezioni fluviali. Ovunque vi sia un alveo-strada vi è una spada di Damocle sospesa sull’incolumità dei cittadini! L’evento del 25 ottobre scorso ha evidenziato che i corsi d’acqua (alvei-strada e fiumi) necessitano di sezioni fluviali di gran lunga superiori a quelle che l’ingegnere non contadino gli ha forzatamente imposto per creare i presupposti di una antropizzazione e urbanizzazione rispettosa solo delle leggi fatte dall’uomo ma non di quelle della natura!

Nei prossimi giorni si affronterà il problema di cosa fare, per tutti i cittadini, nelle aree abitate attraversate da alvei-strada. Per ora si può solo migliorare il sistema di controllo degli eventi piovosi con una previsione e conseguente sistemi di allertamento e messa in sicurezza dei cittadini. La diramazione di bollettini è inutile se il potenziale pericolo non viene fatto assimilare dai cittadini che devono essere informati e devono sapere cosa fare perché lo hanno già sperimentato in ripetute esercitazioni, quando le competenti autorità locali lanciano gli avvisi in maniera capillare ed efficace.

Franco Ortolani
Ordinario di Geologia, Direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio
Università di Napoli Federico II 27 ottobre 2011