Cinque anni dopo Katrina.. e che dire dopo l'enorme inquinamento da petrolio nel golfo del Messico?!

Data di pubblicazione: 
Sunday 29 August 2010
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Inquinamento da petrolio nel Golfo del Messicodi Massimo Mazzucco

Sono passati 5 anni dal disastro di Katrina, e i timori manifestati in tutti questi anni si stanno lentamente avverando. Non solo la città è ancora ampiamente da ricostruire, ma solo una minima percentuale degli sfollati ha potuto fare rientro a casa propria.

Chi ha vissuto le vicende di quei giorni ricorderà infatti la grande sollecitudine con cui centinaia di abitanti dei quartieri più poveri venivano imbarcati sugli autobus del governo, non per andare in un vicino campo di raccolta, ma per essere “ricollocati” in città distanti a volte migliaia di chilometri da New Orleans – e spesso distanti migliaia di chilometri fra di loro.

Dispersi, e divisi in piccoli gruppi in maniera del tutto irrazionale, spesso gli sfollati di New Orleans ci hanno messo dei mesi per riuscire a ricontattare i diversi membri della famiglia che erano stati spediti altrove. Tutto è stato fatto per ritardare queste riunioni, come per ritardare l’eventuale ritorno delle famiglie a New Orleans. E quelli che sono riusciti a rientrare hanno spesso trovato, al posto della loro casa, ...

... una costruzione completamente nuova, con dei nuovi proprietari che la abitavano ovviamente in modo del tutto legittimo. Sono migliaia infatti le famiglie che hanno perso la casa semplicmente per non essere state in grado di pagare “puntualmente” il mutuo, nei mesi successivi all’inondazione. Invece di facilitare la loro situazione, sospendendo momentaneamente la riscossione delle quote mensili, le banche e gli investitori privati si sono affrettati ad appropriarsene, demolendo le vecchie abitazioni e costruendone delle nuove.

Accade così che interi quartieri popolari siano stati praticamente ricostruiti da cima a fondo, innalzando naturalmente nel frattempo il “livello sociale” degli immobili: laddove un affitto medio costava, nel 2005, 600 dollari al mese, oggi costa quasi il doppio. Per chi faticava già allora, quindi, non è più pensabile tornare a vivere nella stessa zona.

Secondo lo stesso principio, sono state rase al suolo dozzine di case popolari (abitazioni riservate ai meno abbienti, che si potevano affittare con un forte contributo governativo), per fare posto ad altrettante villette – naturalmente prive di un qualunque contributo pubblico - per il nuovo “ceto medio” di New Orleans – naturalmente bianco, molto più piacevole e presentabile di quello nero.

Altrettanto è successo per i servizi sociali più essenziali: i servizi di trasporto, gli ospedali e le scuole pubbliche, sono gli ultimi ad aver ricevuto finanziamenti per la loro ricostruzione – molti li attendono ancora - rendendo ancora più difficile la sopravvivenza per quei pochi che sono riusciti a rientrare nelle loro abitazioni. Anche se hanno un tetto sopra la testa, costoro spesso non hanno i mezzi per andare a lavorare.

Insomma, il segnale da parte della città è forte e univoco: poveri e negri (due categorie che si trovano a coincidere con una regolarità stupefacente) andate via di qui, a New Orleans non vi vogliamo più. Siete un peso per la società, avete già goduto fin troppo del privilegio di vivere qui, è ora che torniate nel fango da cui siete venuti.

O nel fango da cui ci avete prelevato – bisognerebbe dire, per essere più precisi.

Massimo Mazzucco