LIVORNO. Laure Noualhat, una giornalista di Libération, specializzata in temi ambientali, ed Eric Guéret, hanno condotto per 8 mesi un'inchiesta per rintracciare il circuito segreto delle scorie radioattive prodotte dall'industria nucleare che li ha portati dagli Stati Uniti alla Siberia. L'inchiesta è diventata il documentario "Déchets : le cauchemar du nucléaire" trasmesso ieri da Arte Tv e diventato un libro e un Dvd che stanno causando in Francia un vero e proprio terremoto politico iniziato con le anticipazioni pubblicate da Liberation.
Ma l'indagine giornalistica era partita da un'altra domanda: di fronte al global warming, il nucleare è presentato come la soluzione per il futuro, ma è così pulito come ci dicono?
Per rispondere la Noualhat e Guéret sono andati a mettere il naso dentro alcuni dei luoghi più misteriosi e sorvegliati del pianeta: le discariche nucleari.
In un'intervista a Pascale Monnier su "Ouest France", Laure Noualhat ha detto: «Ci hanno spiegato che il rischio climatico è superiore al rischio nucleare e che occorre impiantare molte centrali nucleari. Ora, le centrali producono scorie. Che ne facciamo? L'industria nucleare è nota per imporre soluzioni e porsi poche domande. Per noi è il contrario».
Il viaggio dei due "guastafeste del nucleare" è iniziato ad Hanford, negli Usa, nel territorio dei pellerossa Yakima, e la giornalista di LIberation spiega che era una un punto di partenza obbligato: «Gli Stati Uniti sono la culla del nucleare mondiale, E' ad Hanford che è stato costruito il pioniere dei reattori al plutonio nel 1942, che è stato inoltre dichiarato "monumento storico" nell'agosto 2008. Già gli ingegneri dell'epoca si erano confrontati con il problema delle scorie. Allora, per farla semplice, le hanno messe in 177 grandi depositi, della dimensione di un immobile di tre o quattro piani, che hanno messo sotto terra, Sessanta di questi sono corrosi. Rilasciano radioattività nella falda freatica più vicina al fiume Colombia. Che eredità 60 anni dopo!».
Ma l'indagine si occupa anche di una "Chernobyl " dimenticata nell'ex Unione Sovietica: l'incidente del 1957 a Moyak, negli Urali, dove esplose un deposito di scorie radioattive. Un incidente subito nascosto dal governo comunista ma anche dai "nemici" americani, eppure ci furono almeno 200 morti, 250 mila contaminati. «Oggi - spiega la Noualhat . in un'ora, sul posto, si assume la dose giudicata accettabile dall'Organizzazione mondiale della sanità per un anno».
Quello che Noualhat e Guéret hanno trovato nell'area di Moyak sono villaggi intereri evacuati 52 anni fa dove è ancora vietato l'accesso, mentre la discarica nucleare è circondata da barriere di filo spinato e torri di guardia. «Ma la campagna é popolata - spiega incredula la giornalista - Gli uomini pescano, le donne lavano i panni con l'acqua del fiume, i bambini annaffiano l'orto con... stronzio, cesio, tritio. Nelle immediate vicinanze, il lago Karatchai è il luogo più contaminato del pianeta. Alla fine, dopo Hanford, dopo Chernobyl, resteranno siti che per migliaia di anni minacceranno centinaia di generazioni.
Le persone che vivono nelle aree contaminate di Moyak lo sanno e ai giornalisti dicono esplicitamente: «Ci utilizzano come cavie» e la Noualhat conferma: «Li seguono del punto di vista medico, ma intanto non li curano. Guardano come si sviluppano le patologie, i cancri, le leucemie. E' un laboratorio a cielo aperto. Lì ci sono sei cimiteri».
Poi l'inviata di LIberation ed Arte racconta il viaggio da La Hague, dove la Francia dovrebbe stoccare e processare le scorie, a Tomsk, in Siberia, dive sono stati trovati i rifiuti nucleari francesi che stanno scuotendo il topropre nucleare di Sarkozy e dell'opposizione socialista.
La Noualhat è durissima con la lobby atomica francese: «Qui, non è più una questione ambientale, è una questione di efficacia industriale del ritrattamento: il 96% dei materiali sono riciclabili, ci hanno annunciato. Tuttavia, ci siamo resi conto che l'85% di questi materiali sono conservati, il 15% sono inviati in Russia, a Tomsk. Là, un processo di ri-arricchimento di questo uranio da ritrattamento fa in modo che si elimini il 90% del materiale. Il resto viene riportato in Francia e utilizzato solo in 2 dei 58 reattori. In teoria, quel che viene riciclato è il 10%, in realtà è l'1,5%».
In Francia l'inchiesta sta sollevando una domanda: chi ha il potere nucleare? E soprattutto, esiste un centro di questo potere?
Per la coraggiosa giornalista di Liberation è «In tutti gli Stati, è uno Stato nello Stato. Un sistema opaco, non veramente democratico. Il nucleare è lo Stato. La classe politica non ha nessuna idea dei concetti che manipola. In Francia è il Corps des Mines che gestisce il nucleare».
La soluzione non è in una maggiore informazione, come hanno dimostrato i casi dell'Epr o la consultazione sulla legge sui rifiuti radioattivi, Secondo la Noualhat bisognerebbe «Ragionare diversamente: non abbiamo bisogno di produrre quel che non consumiamo. E' lo scenario "négaWatt", un giacimento di risparmio di energia enorme. Potremmo chiudere 20 reattori in Francia. C'é una frase di Jean Rostand che dice"L'obbligo di subire ci dà il diritto di sapere"».