Caso Eluana Englaro, facciamo chiarezza. Risposta al prof. Umberto Veronesi

Data di pubblicazione: 
Wednesday 28 January 2009
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Il padre di Eluana Englarolettera aperta al direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli.

Caro Direttore,
nel dibattito che si è instaurato a partire dal caso di Eluana Englaro  e sulle proposte di legge sul testamento biologico dispiace dover rilevare che un famoso medico e studioso quale Umberto Veronesi illustri in maniera fuorviante nella lettera di ieri (26 gennaio us) sul Corriere della Sera le condizioni di una persona in stato vegetativo permanente ”senza pensiero,  senza parola, senza capacità sensoriali,cioè  senza vista e senza udito, senza percezione del dolore, della fame, della sete”.

Al di là delle singole posizioni sul caso in questione e sulle convinzioni di ognuno, la comunità scientifica che si occupa in maniera specifica del problema dovrebbe intervenire in modo chiaro e deciso per spiegare all’opinione pubblica ed anche agli illustri clinici che si occupano di altre patologie che lo stato vegetativo persistente (il termine permanente non si usa praticamente più) può essere altra cosa rispetto a quanto affermato dal prof. Veronesi.

Non è un encefalogramma piatto, ma un cervello che funziona male ma funziona, che permette alle persone gravemente disabili di avere una vita di relazione con i loro familiari che li accudiscono e che si rifiutano di definire il loro stato “tra la vita e la morte”. In queste situazioni c’è tanta voglia di normalità e momenti di felicità a volte veramente educativi e sorprendenti.

Il prof Umberto Veronesi ha perfettamente ragione nel dire che si sta combattendo una guerra di parole, ma nel suo intervento mi pare eccedere in un insieme di parole che costituiscono un intero pensiero che non corrisponde alla realtà di migliaia di famiglie che vivono lo stesso problema e potrebbero sentirsi offese da tale pensiero.

Per andare incontro alla battaglia del padre di Eluana non dobbiamo necessariamente portare a termine la  vita di tutti gli altri pazienti che vivono in stati uguali o simili, negare le loro realtà familiari, diritti di cure, né tantomeno introdurre forme di terrorismo e di paura nella società civile, né contraddire studi internazionali pubblicati su prestigiose riviste scientifiche.

Come la storia, anche la medicina non può essere riscritta e piegata ai voleri di questa o quella fazione, culturale o politica che sia.
Con viva cordialità e sincera stima

Fulvio De Nigris
Direttore Centro Studi per la Ricerca sul Coma
Gli amici di Luca
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