di Adriano Silvagni
Dopo tanta attesa, tante anticipazioni più o meno smentite e campionati di tetris parlamentare, ecco finalmente la composizione del governo! Non ci sono grandissime sorprese, visto che quasi tutte le previsioni e le supposizioni si sono rivelate fondate, però qualche osservazione interessante si può comunque fare. Abbiamo un totale di 21 ministeri (contro i 25 del governo Prodi), un po’ di più di quelli promessi, ma una riduzione c’è comunque stata, soprattutto per quel che riguarda i ministeri con portafoglio (passati da 17 a 12), mentre quelli senza portafoglio sono più o meno quelli (8 nel governo Prodi contro i nove del governo Berlusconi). Siamo in attesa di sapere il numero dei sottosegretari per sapere quale sarà l’effettivo organico del governo. Per adesso Forza Italia ha fatto “asso piglia tutto” lasciando otto ministeri spartiti in parti uguali tra An e Lega Nord.
Dopo queste digressioni di natura squisitamente matematica entriamo nel merito della questione.
Partiamo dai Beni Culturali. La nomina di Sandro Bondi, già autore della nota ode A Silvio, ci fa capire quanto questo governo tenga in considerazione la cultura e quanto farà per la cultura. Primo grande risultato raggiunto da questo governo: farci rimpiangere Rutelli.
Ministero dei Rapporti con le Regioni affidato all’onorevole Fitto, già presidente della regione Puglia prima di Nichi Vendola. È passato agli onori della cronaca perché, avendo fiutato il cambio di poltrona, aveva fatto in maniera di poter continuare usufruire dell’auto blu nonostante avesse perso l’incarico. Dopo la sconfitta è stato pure arrestato per tangenti, però tutto è sospeso per via dell’immunità parlamentare.
All’economia ritorna prevedibilmente Tremonti (giusto per capire quanto è corta la memoria collettiva) che per la seconda volta si ritrova un bilancio risanato con sudore, sangue e tasse impopolari, che avrà occasione di dilapidare, come già successe nei fasti del precedente governo Berlusconi. Anche gli esteri sono andati di nuovo a Frattini, segno di continuità con il precedente governo Berlusconi: cioè il premier decide e Frattini ci mette la faccia. Bossi è tornato alle Riforme, che abbiamo scoperto non essere riforme qualsiasi, ma FEDERALISTE, almeno così ha annunciato Berlusconi in diretta dal Tg1 delle 20.
Scompare il Ministero delle Telecomunicazioni (assai caro al premier, che tante gioie ci aveva regalato ai tempi di Gasparri) assorbito in quello delle Attività Produttive, affidato a Scajola (quello responsabile della gestione del G8 di Genova e di aver tolto la scorta a Marco Biagi) fedelissimo di Berlusconi. Ad un altro fedelissimo è andato, guarda un po’, il ministero della Giustizia: tale Alfano, il quale ha già ha annunciato di voler pacificare i rapporti tra politica e magistratura. Visto che si appresta a sì impervia impresa vogliamo mi sento di dargli un umilissimo suggerimento: basta che i politici non delinquano, ecco fatta la pace tra politica e magistratura.
Un posto c’è scappato anche la Prestigiacomo, che sembrava fosse rimasta fuori, all’Ambiente, prendendo il dicastero che era stato di Matteoli, il quale si ritrova catapultato alle Infrastrutture. Sorge spontanea una domanda. Che fine ha fatto Lunardi? Quello che diceva che con la mafia bisogna convivere? Non ditemi che è stato scartato solo per questa inezia!
Le Pari opportunità sono state affidate all’astro nascente di Forza Italia: Mara Carfagna. Come non commuoversi, come non essere ottimisti di fronte alla storia di questa ragazza che, iniziando lontano dal concorso di Miss Italia, calendari, Guardì è arrivata fino ad un dicastero? C’è speranza per tutti, anche perché mettere una valletta (dottoressa, pardon) alle pari opportunità dà un segnale forte al paese.
È come mettere, che so, una che rilascia dichiarazioni imbarazzanti, tipo che Forza Italia è la sua unica trasgressione, al ministero dell’istruzione e dell’università… ah mi dicono che è appena stato fatto. Concludiamo con l’ineffabile Calderoni alla semplificazione, incarico che sembra quanto mai azzeccato, purché il ministro riesca a capire quel che deve semplificare; mentre il posto della segretaria (Ministero per l’Attuazione del Programma) va a Rotondi. Qualcosa è riuscito a strappare pure lui. Rimane fuori la Brambilla, che non ha trovato un ministero dove poter sventolare la sua fulva chioma senza dire niente, però ci rassicurano che avrà un posticino nel governo. Eravamo in apprensione.